Lavoro intermittente o "a chiamata": cosa cambia dopo la legge 56/2025?
- SEGRETERIA AMMINISTRATIVA
- 29 ago
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Il mondo del lavoro è in continua evoluzione, ma alcune formule contrattuali resistono al tempo. È il caso del lavoro intermittente, noto anche come “contratto a chiamata”, che continua a essere uno strumento valido per molte attività, nonostante l’abrogazione del regio decreto n. 2657/1923.
Cosa ha confermato il Ministero del Lavoro sulla tabella delle attività discontinue?
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 15/2025, ha chiarito in modo definitivo un punto che aveva generato dubbi tra operatori e consulenti del lavoro: la tabella allegata al Regio Decreto n. 2657/1923 continua ad avere piena validità, nonostante l’abrogazione formale del decreto stesso da parte della legge n. 56/2025.
Il nodo interpretativo
La questione nasceva dal fatto che il decreto ministeriale del 23 ottobre 2004, tuttora vigente, rinvia espressamente alla tabella del Regio Decreto del 1923 per individuare le cosiddette “ipotesi oggettive” che legittimano il contratto intermittente. Con l’abrogazione del decreto del 1923, ci si chiedeva se anche il rinvio contenuto nel decreto del 2004 fosse da considerarsi superato.
La posizione ufficiale del Ministero
Il Ministero ha precisato che:
Il rinvio contenuto nel decreto del 2004 è da considerarsi “meramente materiale”, cioè non dipendente dalla sopravvivenza formale dell’atto originario.
Di conseguenza, le attività elencate nella tabella del 1923 restano valide come riferimento oggettivo per l’applicazione del contratto intermittente.
Questo principio era già stato anticipato nella circolare n. 4/2005, ma ora viene ribadito con forza per fugare ogni residuo dubbio interpretativo.
Tipologie di contratto a chiamata
Il contratto intermittente può essere:
Con obbligo di risposta: il lavoratore deve rispondere alla chiamata e riceve un’indennità per i periodi di disponibilità.
Senza obbligo di risposta: il lavoratore può scegliere se accettare la chiamata.
Chi può essere assunto con il contratto intermittente?
Il contratto di lavoro intermittente, o “a chiamata”, non è applicabile a tutti i lavoratori indistintamente. La normativa italiana stabilisce criteri ben precisi per il suo utilizzo, suddivisi in due grandi categorie: soggettive e oggettive.
Criteri soggettivi: età e condizione del lavoratore
Il contratto intermittente può essere stipulato con:
Giovani sotto i 24 anni: purché le prestazioni lavorative siano concluse entro il compimento del 25° anno.
Over 55: inclusi i pensionati, che possono essere chiamati per attività saltuarie o stagionali.
Questa flessibilità consente, ad esempio, a studenti universitari o pensionati di integrare il proprio reddito con incarichi occasionali, senza vincoli di continuità.
Criteri oggettivi: tipo di attività svolta
In assenza di una disciplina specifica nei contratti collettivi, si fa riferimento alla tabella allegata al regio decreto n. 2657/1923, che elenca le attività “discontinue” o “di semplice attesa o custodia”. Nonostante l’abrogazione del decreto, il Ministero del Lavoro ha confermato che la tabella resta valida grazie al rinvio contenuto nel decreto ministeriale del 2004.
Tra le attività ammesse troviamo:
Camerieri
Bagnini
Portinai
Custodi
Addetti alla sorveglianza
Personale ausiliario in ambito turistico e ricettivo
Queste mansioni, per loro natura non continuative, si prestano perfettamente alla logica del contratto intermittente, che consente di attivare il rapporto solo quando c’è effettiva necessità.
Attenzione alle limitazioni
Il contratto intermittente non può essere utilizzato:
Per sostituire lavoratori in sciopero
In contesti dove non è prevista discontinuità o stagionalità
Senza il rispetto delle comunicazioni obbligatorie al Ministero (tramite il sistema UNILAV)
Perché è ancora valido?
Il Ministero ha spiegato che il rinvio alla tabella è “meramente materiale”, quindi non viene cancellato dall’abrogazione del decreto. In pratica, la tabella è incorporata nel decreto ministeriale del 2004, che resta pienamente operativo.
